I riti della Settimana Santa di Sessa Aurunca rappresentano uno dei momenti di più intensa religiosità popolare in Italia. Questi eventi coinvolgono profondamente l'intera comunità, creando un legame unico tra il dolore quotidiano dell'uomo e la Passione di Cristo. La Settimana Santa di Sessa Aurunca è paragonabile alle celebrazioni pasquali di Siviglia, Cordova e altre città del Sud Italia, condividendo un patrimonio culturale e religioso comune che si estende a livello europeo.
Le celebrazioni iniziano già dai primi giorni di Quaresima, culminando nella Passione e Morte di Cristo. La città diventa teatro di questi eventi con le sue strade medievali, i monumenti imponenti e l'umanità della sua gente. Le processioni, i "carraciuni" e i vari riti coinvolgono tutta la popolazione, dai bambini con incenso alle donne vestite a lutto che portano candele durante la processione del Venerdì Santo e il Sabato della Deposizione del Cristo.
Ogni anno, persone da vicino e lontano partecipano per "fare il voto", esprimendo sofferenza e speranza per una grazia o ringraziamento per una preghiera esaudita. La Passione di Sessa Aurunca non è solo un evento folclorico, ma una profonda espressione di fede che continua a unire la comunità in un rituale tradizionale che resisterà finché i sessani sentiranno il bisogno di partecipare a questa grande rappresentazione.
Fondata nel 1513 presso l'antichissima chiesa, ormai scomparsa, di San Leonardo, poi detta di San Biagio, nella via detta ''dei ferrari''. Oggi ha sede presso la chiesa dell'Annunziata. La regola del Sodalizio fu approvata con Decreto Regio nel 1787. Eleggeva la propria amministrazione il 1° Maggio di ogni anno e si riuniva ordinariamente ogni martedì per adempiere agli obblighi sociali e spirituali.
La confraternita "dei carcerati" di Sessa Aurunca, nota per portare cibo e vestiario ai detenuti e per curare gli infermi, fu originariamente istituita presso la chiesa di San Benedetto. Nel 1760 si trasferì alla chiesa dell'Addolorata, precedentemente dedicata a San Matteo Apostolo, e le sue regole furono approvate da Ferdinando IV nel 1762. Un evento significativo è la processione del Sabato Santo, in cui viene portato in corteo il gruppo ligneo dell'Addolorata.
La Confraternita del SS. Crocifisso, fondata nel 1575 presso la chiesa di San Giovanni a Villa, è associata al convento dei Frati Francescani. Si occupava di pagare i debiti dei carcerati, aiutava confratelli in difficoltà finanziaria, forniva doti per matrimoni ogni tre anni, contribuiva all'asilo infantile e celebrava messe per i defunti ogni lunedì. Nel 1633 fu aggiunto un Monte dei Morti per attività spirituali e materiali per le anime in Purgatorio. La confraternita ottenne il regio assenso nel 1777 e celebrava riti significativi durante la Quaresima e il Venerdì Santo.
Fino a qualche anno fa, la confraternita aveva sede nella chiesa di Sant'Agostino nel borgo inferiore, ora trasferita nella nuova chiesa di Sant'Agostino. Fondata intorno al 1579 e aggregata a quella di San Lorenzo a Roma, la confraternita era composta da 120 fratelli. Solo alla morte di un membro e dopo un noviziato di un anno, con la guida di tre maestri, era possibile ammettere nuovi confratelli. Il loro impegno sociale includeva provvedere alle esequie dei poveri e assistere le vedove e i figli dei confratelli defunti.
Fondata nel 1615, la Confraternita di San Carlo ha sede nella chiesa di San Carlo, situata nell'antica Via "dei pignatari". Custodisce il "Gruppo della Deposizione del Cristo" e la "Pietà", che partecipano alla processione del Sabato Santo. Con 125 fratelli, era la più numerosa tra le confraternite, riservata alle caste più povere. Le regole includevano che i nuovi membri dovevano pagarsi anticipatamente le vesti e non avevano diritto alle candele in caso di morte, con la famiglia responsabile di provvedervi, poiché la confraternita non disponeva di rendite.
Fondata nel 1573, l'Arciconfraternita ha sede nella cappella omonima situata vicino al magnifico chiostro quattrocentesco del convento dei Domenicani e della chiesa eretti nel 1425. Si riuniva settimanalmente per recitare il Santo Rosario e, nella prima domenica di luglio, eleggeva il custode del Monte dei Poveri, scomparso oggi. Questo monte forniva grano ai poveri di Sessa e delle campagne a Natale e Pasqua, con possibilità di restituzione durante il raccolto successivo. La confraternita assisteva i condannati a morte, accompagnandoli all'esecuzione e alla sepoltura, oltre a fornire sostegno ai carcerati e agli ammalati.
Il Miserere è un elemento distintivo della Settimana Santa a Sessa, consistente in un canto eseguito da tre cantori durante la Quaresima e la Processione dei Misteri. Il testo, tratto dal Salmo 50 di Davide, assume un tono ancora più struggente e drammatico considerando le circostanze della sua composizione, quando Davide venne informato dal profeta Nathan della morte del figlio nato dall'adulterio con Betsabea. Nonostante le sue origini siano incerte, il Miserere potrebbe derivare da influenze gregoriane o dalle villanelle napoletane del Cinquecento, secondo alcune teorie. Tuttavia, le analogie con riti simili in Spagna e Sardegna suggeriscono una possibile connessione con tradizioni arabo-andaluse. Questa ipotesi è supportata da studi che mettono in luce similitudini tra il Miserere sessano e altri canti polifonici presenti in varie regioni del Mediterraneo, che potrebbero risalire a una comune origine arabo-andalusa. Nonostante la mancanza di una chiara genesi del canto, i cantori mantengono una coerenza nella loro esecuzione, preservando una tradizione orale che ha resistito nel corso degli anni. I trii di cantori, che si alternano nei vari angoli suggestivi e reconditi del Centro Storico di Sessa, cercano sempre di creare le stesse assonanze e dissolvenze, gli stessi salti armonici, perpetuando una tradizione che, sebbene non sia stata mai scritta, è rimasta intatta nei tanti anni della Passione sessana.
Il rito del Mercoledì Santo nella Chiesa dei Frati Minori a San Giovanni a Villa è un momento suggestivo e solenne. I confratelli del SS. Crocifisso si riuniscono nell'abside della chiesa, indossando gli abiti confraternali, mentre dal fondo si leva il Canto del "Mattutinum Tenebrarum". Accompagnato da un armonium, il canto segue i testi delle "Lamentationes" di Geremia, Agostino e Paolo, recitati in latino con un ritmo cadenzato melodico, culminando con il Miserere e il Benedictus.
Durante il rito, un candeliere triangolare detto "saetta" ospita quindici candele che vengono spente successivamente dopo ogni lezione o salmo, fino a restarne solo una. Quest'ultima candela, nascosta dietro l'altare durante il Miserere, simboleggia la luce eterna di Cristo, anche quando la chiesa è oscurata e la terra sembra ribellarsi con un sisma, evocando il Terremoto biblico della Morte di Gesù per Crocifissione.
Questo rito, chiamato popolarmente "Terremoto" dai residenti di Sessa, è un momento umano nel grande dramma di Cristo, in cui la fede e la partecipazione dei fedeli si manifestano con il fragoroso rumore delle mani battute sui banchi, simboleggiando il terremoto della crocifissione di Gesù. La luce del Cristo, simboleggiata dall'ultima fiamma che non viene spenta ma nascosta, rimane sempre accesa, anche nelle tenebre più profonde.
La Processione del Venerdì Santo a Sessa è un rito religioso carico di fede e speranza, che si prepara fin dal primo giorno di Quaresima. Durante questo giorno particolare, la religiosità ufficiale si mescola con l'antica fede popolare, creando un'atmosfera di contrasto tra la paura della morte e la speranza di vita.
La Processione aurunca riflette gli influssi delle ritualità spagnole, con gruppi statuari, incappucciati e una partecipazione spontanea che richiama le Settimane Sante spagnole. La piazza della Chiesa di S. Giovanni diventa il fulcro dell'attesa, mentre le note della marcia funebre scandiscono il ritmo della serata.
Durante la processione, i confratelli del SS. Crocefisso si muovono tra la commozione della folla, con volti coperti e torce accese tra le mani. I "Misteri" vengono rappresentati uno dopo l'altro, rievocando momenti cruciali della Passione di Cristo. Il lento movimento dei gruppi statuari sembra cullare il dolore e la sofferenza.
La processione prosegue attraverso le strade del centro storico, illuminata dalle candele delle donne e interrotta dai bagliori dei "carraciuni", i falò preparati nelle piazze. Il canto struggente del Miserere, eseguito da tre cantori in un angolo nascosto, aggiunge un tocco surreale all'atmosfera.
Alla fine, la processione ritorna nella Chiesa di S. Giovanni a Villa, dove i Misteri saranno custoditi per un altro anno. La notte si conclude con il silenzio rotto solo dalle ultime note del Miserere e dai bagliori dei falò, mentre la fede e la speranza rimangono vive nella comunità.
Con le prime luci del giorno, il rito della Morte di Cristo assume una nuova forma. Un nuovo corteo funebre si prepara, emergendo dal misticismo della notte per abbracciare una spettacolarità più tangibile e pregnante. Dalla Chiesa del SS. Rifugio si muove il gruppo della "Pietà", raffigurante la Vergine Addolorata che tiene il Figlio deposto dalla Croce con tenerezza e dolore umano. Questo gruppo si unisce al Mistero della Deposizione del Cristo dalla Croce, noto come di S. Carlo, che evoca il momento in cui il corpo di Cristo viene rimosso dalla Croce e consegnato alla Madre e alla Maddalena.
Una volta che il corteo si è formato sul Corso, la scena è completa e la processione inizia il suo percorso tradizionale, accompagnata dalle marce funebri della banda. La partecipazione delle donne, che portano pesanti ceri e pregano la Madonna, aggiunge un tocco di speranza e preghiera alla processione. Questo momento pubblico di esteriorizzazione del bisogno e del dolore coinvolge tutti i presenti, senza falsi pudori, manifestando il rapporto diretto tra l'uomo e Dio.
La popolarità di questa tradizione sacra non è semplicemente folclorica, ma riflette una ritualità profonda, dove il popolo attinge al sacro in modo personale e temporale, senza l'intermediazione di testi o elementi provenienti da una cultura dominante.
Alla fine della processione, quando i gruppi ritornano nelle chiese e il Mistero di S. Carlo viene riposto, si conclude un altro ciclo nella vita di ogni sessano, ma anche un'altra Pasqua trascorsa, mantenendo vivo il rapporto tra l'uomo e il suo Dio senza mediatori.
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